mercoledì 17 giugno 2015

Maturità 1990 (alias Non è un'idea di Stefano Accorsi)

Come ogni anno, stamattina sono corsa a vedere le tracce della maturità. E' una specie di rito che ho da decenni, mi incuriosisce da sempre: prima le leggevo immaginando come sviluppare il tema, da qualche anno a questa parte penso a come lo faranno le mie nipoti o mio figlio.

Sono cambiate tante cose dal mio esame di maturità.
Adesso puoi scegliere diverse forme di svolgimento, addirittura l'articolo di giornale.
C'è più attenzione su tanti temi, c'è più informazione.

Il mio esame di maturità fu il caos.
Qualche settimane prima dello scritto di italiano incontro per caso una conoscente, una di quelle che oggi meritano il titolo di  "fighe di legno", la quale ridendo mi informa che si era coperta di bolle.
Così quattordici giorni dopo esatti ero a letto con la varicella. 
Dopo aver accertato col medico che non ero più contagiosa, e aver informato compagni ed insegnanti della cosa (pare che l'unica deficiente che non l'aveva ancora fatta fossi io) affrontai lo scritto di italiano con la febbre a 39°.Scelsi il tema di attualità, saltando a piè pari il commento sul poeta rurale di Pascoli e ascesa e declino del neoguelfismo.
"La minaccia permanente di guerra nasce dalla mancanza di fiducia tra gli Stati e dal reciproco timore di subire un'aggressione, oltre che dal ricorrente insorgere di mire egemoniche. È perciò necessario, oggi più che mai, creare tra i popoli uno stato di fiducia e di sicurezza, che rimuova i sempre incombenti pericoli di guerra, assicurando in tal modo le condizioni essenziali al mantenimento di una pace stabile. Riflettete sulla questione proposta, precisando se, a vostro giudizio, può cogliersi nell'odierno scenario internazionale qualche segno in favore dell'auspicata pace universale."
Fissai il foglio per tipo 10 minuti e poi iniziai a scrivere di getto, senza rileggere.
Consegnai e scappai dall'aula, con la sensazione di non aver respirato o quasi.
Lasciai i miei compagni alle discussioni fuori dal portone, compresi quelli fighetti (anche se la mia era una scuola molto proletaria e variegata) che erano arrivati alla prova con una cartucciera zeppa di foglietti per copiare.Sì, esatto: per copiare il tema di italiano. Uno addirittura aveva i  i ritagli dei quotidiani con gli articoli sugli ultimi avvenimenti ( il fatto che quest'ultimo anni dopo fosse diventato l'amministratore delegato di una'azienda fallita dopo pochi anni non mi ha stupito).
Arrivato il giorno degli orali mi viene incontro la mia professoressa di storia dell'arte che si congratula per il mio tema, risultato fra i più ben scritti, tanto che era piaciuto molto ad uno dei commissari interni che ne voleva discutere con me.
Panico: complice forse la febbre non ricordavo nemmeno una parola di quello che avevo scritto.
"I suoi riferimenti sono davvero interessanti: la citazione su Sandino e il conflitto in Nicaragua è particolare...".Non ho avuto il coraggio di confessare che senza un famoso disco dei Clash chissà quando avrei saputo di quel conflitto e di tutto ciò che ne seguì.
Mi passa il tema, leggo e annuisco fra i brividi: ma che cacchio ho scritto, continuavo a pensare.
Continuavo a pensare ad Ale, il mio amico che nel suo tema parlò di oscurantismo religioso come causa primaria delle guerre e si ritrovò in commissione un professore/prete che pareva uscito dalla gag de La Santa Inquisizione dei Monty Phyton. Solo che quello che seguì dopo non fece ridere nessuno e lui uscì mestamente dall'aula con un 40/60 e un pugno di mosche.
Se questo ha idee diverse dalla mie sono fregata. Perchè non ho fatto il classico compitino che non scontenta nessuno? No, la citazionista in erba aveva tirato fuori un arsenale di riferimenti storici per dimostrare che nessuna guerra può essere giusta.  Il professore della commissione esterna  me lo ricordo ancora: capelli alla Sor Pampurio e una copia de l'Unità sotto il banco. La principiante totale avevo osato un carpiato doppio ma le era andata bene: mi strinse la mano e dicendomi "Brava, se c'è una cosa che mi piace è chi  non ha paura di dire quello che pensa". Ancora adesso lo considero fra i più bei complimenti che mi hanno mai fatto.
Tirai un sospiro di sollievo. Mi avevano dato 9.


Non importa se per colpa di una differenza di teorie artistiche mi giocai comunque il 60/60 bramato (Maledetto Picasso,odierò Guernica fino alla fine dei tempi).
Era il 1990, c'erano i Mondiali di calcio, ascoltavo i Run DMC, avevo i capelli mezzo rasati e tanti anni davanti per realizzare che la maturità è uno strano sogno (bello o brutto, poco importa) e che i veri esami della vita dovevano ancora arrivare.




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